Anche se sono passati pochi mesi da quando ho conosciuto via web l’artista
piemontese Gianni Depaoli, si è instaurata una profonda e reciproca fiducia e
stima, nonché una grande ammirazione per le opere concettuali di grande
eleganza che realizza. Gianni Depaoli è l’unico artista concettuale presente
nel progetto Arte Italiana contemporanea in Olanda proprio
perché, grazie alla sua intensa poetica artistica, ha scalfito la mia innata
diffidenza verso questa forma d’arte contemporanea. L’arte di Gianni Depaoli si
basa sui principi di eco-sostenibilità e di bio-diversità che vengono trasmessi
all’osservatore tramite la creazione di installazioni e di opere (pittoriche e
scultoree, figurative e astratte), che raccolgono significati diversi ed
assumono identità riconducibili a contesti storici e culturali sempre
strettamente connessi al rispetto del mare e dello scarto organico che si
carica di valore artistico, lirico e poetico e può essere denominato come
“nuova icona” e “fossile contemporaneo”. L’artista piemontese è già conosciuto
a livello internazionale ed è stato presente sul territorio olandese per
diversi anni; dopo l’assenza di quest’ultimo decennio, ha deciso di riproporsi
con le nuove opere concettuali alla Manzoni Kunst Galerie di Oosterwolde.
Ma passiamo finalmente la parola a Gianni Depaoli:
Sei un artista concettuale e creatore di nuove icone contemporanee
cristallizzate e liriche: come hai intrapreso questa strada? Raccontaci il tuo
percorso artistico.
Tutto è iniziato nel settembre del 2007 quando, un direttore coraggioso
come Marco Valle del Museo E. Caffi di Bergamo, dopo aver visto un mio progetto
ancora allo stato embrionale, decise di dedicarmi un’intera mostra: “Mare
Nero”. Quel numero esiguo di opere – appena sette – ha rappresentato la mia
prima uscita pubblica. Da quell’esordio piuttosto fortunato, partì un tam-tam
che coinvolse molti altri musei. In questi giorni le mie “Constatazioni”, così
le chiamo e non denunce in quanto situazioni da sempre sotto gli occhi di
tutti, sono esposte in molti musei e sedi Istituzionali. Sono riuscite ad
incuriosire ed infine ad approdare al primo museo d’Arte che mi ha accolto
nella Galleria d’Arte Moderna di Genova, diretta da Maria Flora Giubilei con la
quale è nata un’idea sicuramente bizzarra: quella di “inquinare” il museo
abbinando opere dissacranti, quali le mie, ai capolavori dell’esposizione. Un
azzardo che porterà alla realizzazione di un intero catalogo sommato ad una
proroga di altri tre mesi e a una pagina su “Da Genova per Genova”, un libro di
Andrea Ranieri, assessore alla cultura del capoluogo ligure. Una grande
soddisfazione. Dalla creazione di opere che additavano in modo inequivocabile i
disastri provocati dall’ uomo, all’utilizzo di materiale organico di scarto
dell’edibile il passo è stato breve, quello cioè di Nobilitare con il suo
scarto uno degli alimenti primari che nutre da sempre il Mondo: il pesce.
Il tuo atelier è molto diverso da un atelier di un pittore ed è quasi alla
pari di un laboratorio alchemico o una sala operatoria: hai voglia di scoprire
il velo di mistero e descriverlo al nostro pubblico? Che strumenti e materiali
utilizzi, quali tecniche…
Il mio studio è il magazzino che serviva per l’importazione, la lavorazione
e la distribuzione del pesce, è cioè un ex magazzino frigorifero ora
ribattezzato Museo Menotrenta, le sale espositive sono le ex celle
frigorifere, gli ex laboratori sono il mio studio, gli uffici sono in parte
accoglienza ma soprattutto un condensato di progetti passati, futuri o mai
conclusi. La nuova ricerca sviluppata verso il 2014 con l’utilizzo di
inchiostri e pelli di cefalopodi trattati per la conservazione e mantenimento
del colore naturale della livrea, grazie ad un metodo da me brevettato, e
manipolati con aghi d’ acciaio e bisturi chirurgici, porta a trasformare la
materia per scoprirne bellezza e trasparenza. Questo nuovo studio dona nuova
vita allo scarto organico che considera l’anello di congiunzione e ricordo
indelebile del prodotto che ha nutrito l’Essere Umano. “Dall’edibile che nutre
il corpo, all’arte che nutre lo spirito”. La pittura materica diventa il più
forte impulso per la ricerca del colore naturale, che diventerà l’unico colore
utilizzato, regolato dalla manipolazione dei cromatofori esistenti nel
prodotto, senza aggiunte di colori artificiali. Con il progetto Abissi,
indaga il noto e l’ignoto e i percorsi tortuosi del pensiero umano. Scopre ed
evidenzia le ferite e le escrescenze della pelle lacerata che diventano abissi
e meandri dove il pensiero si perde e si rigenera, svelando i patimenti che ho
subito durante il mio percorso di vita, che definisco la mia Via Crucis.
Nel 2010 hai avuto l’occasione di presenziare all’Affordable Art Fair di
Amsterdam e all’Open Art Fair di Utrecht: come ti sei trovato all’epoca e come
speri sia l’Olanda nel 2021?
È stata per me un’esperienza unica, dovuta anche al fatto che ho lavorato
per più di 40 anni con l’Olanda: dai porti di Urk, Volendam, Harlinger,
Jimuiden, importavo il pesce olandese per le scuole, la platessa. Quando venni,
portai un progetto che rappresentava la storia dell’Olanda legata alla pesca,
raccontatami dai pescatori e produttori locali, e della incredibile e
straordinaria combinazione. Uno Stato piccolo come una nostra Regione possiede
un prodotto, la platessa, che è conosciuto e apprezzato in tutto il Mondo, ed
un’altra combinazione che lega la morfologia di quel pesce all’Olanda, (ma
questa la svelerò soltanto nel momento in cui una Istituzione Pubblica Olandese
mi inviterà a fare una mostra in Olanda). Da lì la mia ricerca è partita e la
prima mostra con questi materiali è stata fatta proprio in Olanda, tutte le
opere erano fatte con pelle di platessa, reti da pesca storiche, casse di legno
anni 60 ormai desuete. Fu un gran successo e mi venne dedicato anche un
articolo su un giornale locale con la foto di un’opera (Het Urkerland).
Quali sono i tuoi progetti futuri per i prossimi mesi? Su cosa stai
lavorando?
Progetti futuri ne ho molti, sia a livello di nuove ricerche che sto
conducendo sia per mostre che stiamo preparando. Ci sono molti eventi già
programmati che sono slittati causa Covid 19, sono finalista in due concorsi
importanti, sto preparando una mostra personale che avrà un importante luogo
Istituzionale e che sarà sostenuta da un Museo dove donerò delle opere che
saranno vendute a favore di una associazione che si occupa di lotta contro i
tumori, come già fatto in passato, e che saranno la mia principale prerogativa
per il futuro (una promessa che ho fatto a mia moglie prima che volasse via).
Sarò poi presente ad alcuni appuntamenti importanti sia in Italia che all’
Estero già programmati.
Qual è il fine ultimo della personalissima ed innovativa Arte Concettuale
di Gianni Depaoli? Non hai paura che solo una stretta nicchia di amanti
dell’Arte possa comprendere il messaggio profondo che le tue opere trasmettono?
Osservare la realtà e plasmarla affinché le persone ne fruiscano e ne
prendano consapevolezza, estrapolando il mio intimo, i miei patimenti ma anche
le fruizioni giornaliere della bellezza che ci dona la natura. Nei miei lavori
compaiono visi, silhouette a volte palesemente svelati a volte velatamente
nascosti che sanciscono il mio rapporto con l’ignoto e la ricerca della
leggerezza dell’essere. Inquietudine, angoscia, timore, sono rappresentate da
lacerazioni, abissi e meandri che feriscono la pelle, esorcizzate però dalla
trasparente bellezza delle forme e dei colori naturali. Mi ha sempre
interessato il far affiorare il “particolare”, immaginare il backstage della
vita, scoprire la costruzione celata più che godere del risultato finale. È il
particolare che differenzia e ci rende unici, la nostra firma indelebile e riconoscibile.
No, non mi preoccupa anzi mi affascina, quando si supera il confine per un
processo sperimentale si sa già che si incontreranno delle difficoltà,
difficoltà che hanno incontrato anche i grandi maestri, Burri, Arman, Penone,
Pistoletto per citarne alcuni e ora vediamo dove sono arrivati. Ora il popolo
dell’arte è preparato a questi nuovi processi, cercano loro stessi nuove
produzioni che possano stupirli. Fortunatamente ho sempre incontrato
collezionisti che volevano investire su qualcosa di innovativo ed inusuale e
Musei che intendevano presentare qualcosa di particolare, per ciò che riguarda
il materiale, la sua manipolazione, ma che allo stesso tempo esprimesse dei
concetti molto forti.